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Dopo Mediobanca tocca ad Unicredit comunicare con la politica italiana
Giancarlo Giorgetti

Bene farebbe il numero uno di Unicredit, Andrea Orcel, a prendere un treno per Roma seguendo la strada indicata dall’amministratore delegato di Mediobanca, Alberto Nagel. E comunicare con la politica italiana per capire se c’è un disegno per costruire il nuovo sistema finanziario del Paese. Se non c’è, nel silenzio di Bankitalia, allora dovrebbe porsi il problema di colloquiare con i palazzi del potere contribuendo così attivamente alla ricostruzione finanziaria del Paese sulla scia dell’insegnamento di storici banchieri come Raffaele Mattioli, Adolfo Tino ed Enrico Cuccia. Il motivo? Il risiko bancario non è un fatto solo italiano e non è solo un fatto esclusivamente di mercato visto che il governo è socio di Mps e ha in mano il Golden Power su tutte le operazioni del mondo bancario assicurativo-finanziario. Si tratta piuttosto di un affare internazionale dove ogni interlocutore muove le sue pedine nell’interesse dell’azienda e talvolta, nelle partite più rilevanti, anche dello Stato di riferimento. Ma andiamo per gradi.

Che cosa è accaduto

Il 6 novembre 2024, Banco BPM, tramite Banco BPM Vita, promuove un’offerta pubblica di acquisto (OPA) volontaria finalizzata ad acquisire la totalità delle azioni ordinarie di Anima, gestore patrimoniale italiano quotato su Euronext Milan. Bpm è già socio di Anima accanto a Poste Italiane. Ma con questa mossa punta alla totalità delle azioni e ad ottenere la revoca della quotazione da Piazza Affari.

Nell’intera vicenda, c’è un dettaglio non da poco da tenere in mente: fra i suoi azionisti di riferimento Bpm ha uno dei maggiori istituti di credito di Francia, Crédit Agricole, che è la decima banca al mondo per attivi. I francesi sono molto interessati ad Anima perchè l’Agricole è socio di riferimento di Amundi, il leader europeo del risparmio gestito. E cioè la stessa attività svolta da Anima soprattutto per le ricche famiglie del Nord Italia.

Le mosse di Unicredit

Intanto dopo l’interesse manifestato per la tedesca Commerzbank, lo scorso 25 novembre 2024 Unicredit lancia un’offerta da 10 miliardi di euro per acquisire Banco Bpm. Ma ai francesi questa mossa non va giù. Così ad aprile Crédit Agricole chiede ed ottiene dalla Banca centrale europea (Bce) la facoltà di aumentare il suo peso in Bpm dal 15% fino al 19,9%. Cosa che puntualmente avviene con una mossa chiaramente difensiva non solo dell’investimento, ma anche motivata dal fatto di evitare che sul mercato possano nascere nuove realtà che dimensionalmente possano competere con la sua Amundi.

La risposta del governo

L’esecutivo ha una grossa gatta da pelare con la vicenda Tim. C’è bisogno che Vincent Bolloré e la sua Vivendi escano di scena per consentire il riassetto della società. Ma il finanziere bretone non vuole sentirne parlare di mollare la presa senza un tornaconto. L’obiettivo era mettere le mani su MFE, l’ex Mediaset, ma l’operazione non è riuscita e ora le perdite sull’investimento sono stellari. Alla fine ì, dopo una serrata trattativa, Bolloré cede buona parte delle sue azioni in Tim a Poste italiane. E cioè la stessa società che è socia di Anima il cui pacchetto di azioni Poste cederà alla Bpm, ambita preda della francese Agricole.

Intanto il governo decide di stoppare l’operazione di Unicredit su Bpm

“C’è gelo tra ministero dell’Economia e Unicredit – spiega Il Sole24Ore -. Il ministro Giancarlo Giorgetti ha liquidato con una battuta lapidaria l’eventualità che la banca guidata da Andrea Orcel possa abbandonare l’ops su Banco Bpm. «Fanno quello che vogliono». Il governo è soddisfatto? «No», ha tagliato corto il numero uno di Via XX Settembre, intervenendo a Milano alla 58esima riunione della Banca asiatica di sviluppo”. Per il giornale di Confindustria, “di fatto scombina il progetto di creare un terzo polo del credito attorno a Mps privatizzata”. Come? Non è chiaro visto che poi Mps, controllata dallo Stato, lancia un’offerta su Mediobanca. L’obiettivo? Mettere in sicurezza il pacchetto di controllo delle Generali e stoppare l’operazione di fusione delle attività del risparmio gestito delle Assicurazioni triestine con la francese Natixis.

Di certo lo stop ad Unicredit gioca a favore di Crédit Agricole da sempre vicina a Bolloré anche ai tempi dell’offerta di Groupama, poi sfumata, sulla Premafin dei Ligresti cui faceva capo Fondiaria-Sai. Così l’agenzia Reuters scrive che “qualche consigliere ha chiesto maggior chiarezza all’ad Orcel sulle acquisizioni, e sulla strategia da seguire dopo i dissidi con il governo sul golden power per Banco Bpm”. Ma la voce viene smentita dal presidente di Unicredit, Pier Carlo Padoan, che definisce la “Notizia del tutto infondata”. Tuttavia è un fatto che i vincoli imposti dal governo lo scorso 18 aprile per consentire ad Unicredit l’operazione su banco Bpm mettono a rischio la scalata da 15 miliardi in corso fino a metà giugno. Ma la sensazione è che la vittoria francese sia dietro l’angolo. Anche per questioni di telecomunicazioni.

 

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